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  1. Come la penso/

Il cruccio del delegante

·198 parole·1 minuto

Delegare, me ne rendo conto, è complicato, è scomodo ed è tutt’atro che elementare. Lo sento dire a chiunque abbia un ruolo manageriale o di gestione di un team: è difficile trovare la persona adatta e i compiti da affidargli, valutare correttamente il supporto da concedergli, tenere la corretta distanza per non intervenire eccessivamente e analizzare i risultati della delega. È una gran bella grana. Meglio far da soli, mi dicono.

Mi accorgo però che la difficoltà, spesso, non è legata al delegato quanto al delegante: è seccante accettare che quanto verrà eseguito potrebbe non essere come lo avremmo fatto noi; anzi, che quanto verrà completato certamente non sarà quello che avremmo voluto noi. Sarà una cosa simile, molto vicina al nostro desiderio, gli assomiglierà ma noi l’avremmo fatta diversamente. Magari meglio, va’ a vedere.

È il cruccio del delegante.

Ecco, forse non dobbiamo imparare a delegare: dobbiamo imparare ad accontentarci. Dobbiamo capire che se deleghiamo non dobbiamo aspettarci di ricevere la cosa che abbiamo chiesto, precisa e identica, come l’avremmo fatta noi. Altrimenti l’avremmo fatta noi.

Ma se la facciamo noi, va da sé, non faremmo altro. Consoliamoci nel fatto che l’attività, intanto, è stata portata avanti.