Il Garante per la protezione dei dati personali ha bloccato l’utilizzo di SARI (Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini) Real Time, un sistema di riconoscimento facciale in forza alla Polizia di Stato e capace di riconoscere i dati biometrici di una persona confrontandoli con un vasto database posseduto dalle forze dell’ordine. Si applicherebbe un trattamento automatizzato su larga scala non autorizzato: conclusione legittima, oltre che scontata.
[…] Si determinerebbe così una evoluzione della natura stessa dell’attività di sorveglianza, che segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale.
Ogni giorno nello sviluppare software o nell’assistere l’infrastruttura server, nel monitorare la connettività, lo storage o il funzionamento dei sistemi, nel manipolare o gestire le enormi moli di dati che ci passano sotto al naso, ci poniamo dubbi a garanzia della tutela dell’utente, ci arrovelliamo nella ricerca di soluzioni che pongono grossi limiti al nostro operato ma che contestualmente assicurano il rispetto dell’identità, delle comunicazioni e dei documenti dei clienti che trattiamo, prendendocene la totale responsabilità.
Al Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno evidentemente nessuno si è posto il problema.