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Dubbi ecosistemici

·584 parole·3 minuti

Ho avuto, nella mia vita, la fortuna di vivere oltre 100 di giorni in più rispetto alla media delle persone che conosco. Una vita parallela, doppia, una vita nella vita, vissuta con due distinti me che facevano in contemporanea due attività diverse: una praticava sport, sistemava casa, si radeva la barba o preparava la colazione alla famiglia; l’altra – nel mentre – ascoltava podcast.

La mia dieta mediatica ha visto impennare la fruizione audio rispetto a quella video e alla lettura. Nel bene e nel male, buona parte delle informazioni che riesco a recepire, a causa del mio scarso tempo libero, le recepisco mentre faccio altro. Ascoltando.

Ho scritto di podcast solo a fine 2018, quando mettevo in fila le trasmissioni ascoltate durante quell’anno: oggi sono show, spettacoli, serie; fino ad allora, e prima ancor di più, un surrogato della radio.

Tutto è nato con la radio. C’erano un paio di programmi che non riuscivo ad ascoltare in diretta, per tempo e per orari, di cui quindi ne ascoltavo la registrazione. A quelli se ne aggiunsero altri, poi format pensati ad-hoc per il canale: oggi non ne posso fare a meno.

Per la fruizione dei miei contenuti audio ho utilizzato, praticamente da sempre, l’app Pocket Casts, acquisita nel 2021 da Automattic – quelli di WordPress – e resa poi open-source, come ogni altro software aziendale. I cento giorni sono il frutto delle statistiche dell’app: qualcosa in più, in realtà, tra minuti di ascolto e tempo risparmiato con riproduzione accelerata.

Sono entusiasta di Pocket Casts e, nonostante abbia provato più di una volta a passare ad Apple Podcast (avendo un iPhone e un Apple Watch, l’ho sempre immaginata come una soluzione più sistemica) non sono mai riuscito a cambiare: troppe le mancanze nella soluzione di Apple.

Mi meraviglia, dunque, leggere che Chris Coyier, co-founder di CodePen e altre cose, abbia deciso di switchare proprio da Pocket Casts ad Apple Podcast. Lo ha fatto per una serie di bug che ha riscontrato con CarPlay e per vivere appieno l’ecosistema Apple, che già usa. E lo ha fatto nonostante i limiti riscontrati che, a quanto scrive, non pare essere pochi.

Non mi piace l’interfaccia tanto quanto Pocket Casts. Ci sono troppe funzionalità di discovery (di cui non dovrei lamentarmi, perché la scoperta è certamente un problema nel podcasting, ma eccoci qui) e meno enfasi sui miei programmi scelti e sul mio stato di ascolto di ciascuno di essi. A volte mostra la copertina sbagliata per gli show. […] Non archivia automaticamente i vecchi spettacoli come vorrei. Non ha una funzione di coda di ascolto. Non offre la sincronizzazione con altre app. Non ha l’esportazione OPML. Quindi sì, non eccezionale, ma ci proverò comunque per un po'.

Quella di Coyier sarebbe per me una stroncatura definitiva, non riuscirei a convivere con così tanti lati negativi: allora mi chiedo, a questo punto, quanto vale l’ecosistema Apple per la fruizione dei contenuti e, in generale, per l’utilizzo delle applicazioni di tutti i giorni?

Ha più valore avere soluzioni che fanno eccezionalmente il proprio dovere, con una pletora di funzioni che evidentemente – se ben configurate, mi rendo conto – rendono in godimento, o fruire in quanto parte di un ecosistema esclusivo e integrato dove, nel complesso, tutto funziona armonicamente ma senza forte controllo né praticità aggiuntive?

Non ho una risposta. Per certi aspetti mi affido ad Apple (Music, Fitness+, iCloud+) per latri guardo altrove. Vale la pena farci una riflessione.

Intanto, se non vi dispiace, faccio le mie due cose.