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Boccaloni

·200 parole·1 minuto

Mi ha incuriosito parecchio leggere della comparsa, nelle timeline dei social network generalisti, di pubblicità fraudolente che si fingono La Repubblica o Il Corriere e che linkano a truffe legate al mondo delle criptocose.

Le immagini mostrano finti ritagli di giornale con titoli accattivanti su personaggi famosi e puntano a falsi siti clone dei maggiori quotidiani italiani: nelle pagine di atterraggio si sviluppano brevi articoli che spingono a investire in criptovalute che non lo sono, facendo perdere soldi e speranze a chi ci casca.

Meta, le cui piattaforme sono le più coinvolte, è chiaramente inadeguata a combattere e arginare queste truffe sui propri sistemi: se le inserzioni compaiono è perché rispettano evidentemente i suoi standard e il suo regolamento.

La cosa che avvilisce di più, però, è riconoscere che ci sono tanti connazionali, il cui numero evidentemente giustifica un simile impegno da parte di criminali, che (1) non riconoscono una pubblicità fraudolenta da una pubblicità reale, che (2) investono denaro senza avere la minima idea né competenza su cosa stanno impegnando i propri soldi e, la più triste, che (3) non sono in grado di distinguere uno stralcio di un giornale vero da uno palesemente farlocco.

Non ne usciamo benissimo.