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Altri maestri

·247 parole·2 minuti

Mia figlia pratica judo. L’ho praticato anche io da ragazzo, e sono contento lo faccia. Non l’ho mai obbligata, anzi, nemmeno volevo lo facesse, non volevo se ne sentisse costretta, ma – per fortuna – le è piaciuto sin da subito e continua a praticarlo da oltre un anno.

Judo è uno sport educativo. Al confronto di sport di squadra più rinomati, il judo insegna disciplina, lealtà, rispetto per l’avversario, controllo dei sé stessi e delle proprie potenzialità.

Qualche giorno fa, la piccola ha tenuto una gara. Non era un evento agonistico, serviva per raccontare lo sport ai genitori e ai parenti e a far immergere i giovani e le giovani (era limitato agli undici anni) nelle emozioni e nelle ansie di una competizione – che in realtà competizione non era. Bambine e bambini hanno tenuto un comportamento insindacabile, rigoroso e deferente verso maestri, colleghi e pubblico.

I genitori, invece, l’esatto contrario. Indisciplinati, maleducati, scortesi e scorretti. Buona parte dei papà, delle mamme e dei nonni delle e dei judoka non hanno avuto il benché minimo rispetto dell’iniziativa a cui stavano partecipando i figli.

Complice della loro scostumatezza è stato lo smartphone: dovevano registrare il video della prole e negli effetti non era importante che questo significasse mettere a rischio la sicurezza dell’esibizione, la condivisione degli spazi, l’esito positivo dell’evento e il disagio degli organizzatori.

Loro immortalavano il momento e io mi sentivo fortemente in imbarazzo per la mia generazione.

Menomale che i piccoli hanno altri maestri.